Spiegami le stelle,
come facevi le notti sul balcone.
Spiegami le stelle,
i nomi e le leggende potenti.
Spiegami le stelle,
perché siamo soli al mondo.
Spiegami perché non ti fa paura,
che a me ne fa così tanta.
Spiegami le stelle,
il buio di questo giorno.
Ho timore di tante cose e tu temi le stelle,
luminose e irraggiungibili.
Spiegami le stelle.
Caffè letterario
Caffè letterario, musica jazz in sottofondo. Io non ci riesco proprio, penso che la gente sia completamente pazza.
Il caffè è quasi vuoto, io sono la novità; io sono quella con il taccuino aperto a buttare giù cose che nessuno leggerà mai.
Una ragazza commenta con l’amica lo scorso esame di letteratura francese. Eccola lì: bicchiere di prosecco e patatine, circa trent’anni come lavoro dà ripetizioni.
Continua la musica e non trovo l’ispirazione, qua tutti blaterano di nullità. Il commento a “I fiori del Male” posso leggermelo da sola.
Ecco che ne entra un’altra.
La proprietaria l’accoglie: “ça va?”
C’è già comunione, c’è conoscenza, c’è simpatia. Io sono ancora estranea. Gli altri mi guardano ogni tanto di soppiatto. Passano al secondo argomento di conversazione: i virus, l’influenza. Borghesi senza essere borghesi.
Nessuno osa chiedermi nulla per non disturbarmi, come fossi, non so, Calvino? La verità è che io scrivo proprio di loro, io le giudico, penso al loro francese inutile alle loro vite banalissime passate al caffè letterario a parlare in francese e di virus.
L’altro ieri mi è capitato quello che consideravo un dramma.
Loro? Il loro problema è un diciotto all’università sorseggiando vino rosso.
Io senza identità come Adriano Meis.
Se adesso mi chiedessero chi sono, potrei potenzialmente rispondere qualunque cosa.
Chi sei? Cosa fa? Ilaria, scrivo di te.
Una signora anziana si è avvicinata a me. Crede che io sia una millennial solo per come tengo la penna. In realtà di millennial ho solo qualche video salvato su tiktok.
E’ tutto così meraviglioso.
Mi hanno rubato il portafoglio. Sì lo ammetto, avevo il mio zainetto bianco, di cui vado estremamente fiera.
Mi hanno rubato il portafoglio e lì avevo tutto.
Sì, tutto! Carta d’identità, patente e circa venti euro.
Non ho più un documento con una mia fotografia. Mai avuto un passaporto.
Vivo in una città dove nessuno mi conosce.
L’altro ieri era un dramma, adesso lo trovo magnifico.
Io sono la millennial che non sa tenere la penna, mi chiamo Francesca e frequento il liceo classico. Ho uno zainetto perché tanto mi hanno già rubato tutto.
La signora non demorde, è curiosa: “Tieni molto male la penna, perché la tieni così?”
Mi viene da ridere. Posso attuare il mio piano. Posso iniziare la mia storia finta o vera, chi lo può sapere?
“Nessuno mi aveva mai giudicato per il modo di tenere la penna!”
“Questo perché a scuola non vi insegnano più niente. Neanche come tenere una penna!”
Rido ancora.
“Perché ridi? E’ molto grave.”
“Perché crede che io frequenti le scuole, solo da una sua rappresentazione.”
La signora se ne va inviperita. Torna al suo tavolo con sua figlia e il compagno. Mi guarda di nascosto, la signora alimenta la bugia, la curiosità.
Adesso anche la figlia si gira, finge di non badare a me.
Si chiedono tutti chi sia la ragazza con la penna in mano piombata nel caffè letterario.
Oggi pomeriggio sono passata dai carabinieri, ho fatto la denuncia. Con la denuncia posso procedere a rifare i documenti, ma all’ufficio anagrafe mi hanno chiesto due testimoni della mia reale identità.
Tutto ciò è magnifico.
Ho bisogno di persone che mi chiamino per nome.
E’ arrivato lo scrittore, quello che alle diciannove farà la presentazione del suo ultimo capolavoro.
Ho preso un caffè e una fetta di torta alle carote.
Anche lo scrittore commenta: “I veri scrittori ordinano il vino!”
Chissà perché la mia presenza dà così tanta noia “questi ragazzi, ormai fissati con cibo e benessere!”
Sono d’accordo, pensiamo al mattino cosa mangiamo alla sera, siamo ossessionati tutti dal cibo. Basta pensare al numero di supermercati, superano le farmacie o gli studi medici!
Inizia la presentazione.
Vado in bagno, un’amica al telefono mi conferma che domani sarà mia testimone. La ringrazio, scarico, esco.
Lo scrittore è attanagliato dalle domande:
“Come le è arrivata l’ispirazione?”
“In quanto tempo l’ha scritto?”
“Quanto c’è di reale?”
“Quanto c’è di finzione?”
“Perché il protagonista è così meschino?”
“Vorrei ringraziarvi per essere qui con me oggi, ma qualcosa entrando in questo bar mi ha incuriosito e vorrei condividerlo con voi, se mi sia permesso.”
“Certo maestro!”
“Vorrei chiedere alla ragazza millennial scrittrice se avesse voglia di aprire a noi quel bel taccuino rosso e renderci partecipi del suo enorme talento.”
Alzo lo sguardo, tutti mi fissano.
La signora della penna è sempre più arrabbiata, non le è chiaro cosa centri in questo posto, la disturbo.
Mi vede come un’invasione dello spazio: il suo.
Chiudo la pagina.
Infilo la penna nello zainetto bianco.
Salgo sul palchetto.
E’ una sensazione strana, poiché sono loro i miei protagonisti, ma io?
“Ciao a tutti, mi chiamo…”